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6 novembre 2023
Le lingue parlate nel mondo sono diverse migliaia e molti paesi possiedono diverse lingue ufficiali. In molti settori professionali, essere multilingue è addirittura un requisito essenziale e, di conseguenza, rappresenta una carta vincente! Inoltre, per poter rispondere alle richieste dei clienti, sempre più aziende incoraggiano i propri dipendenti a imparare una nuova lingua. Nicolas-Louis Boël, CEO del gruppo Altissia, ci illustra il fenomeno del multilinguismo professionale, che conosce molto bene.
Nato in Burundi, Nicolas-Louis Boël parla cinque lingue e ha vissuto in diversi paesi. La sua carriera accademica e professionale è stata sempre orientata verso la realtà internazionale, le lingue, le culture e lo sviluppo. Nel 2011 ha creato Wallangues, un progetto della regione belga della Vallonia che consente a tutti gli abitanti di quest’area di studiare online le tre lingue nazionali del Belgio, oltre all’inglese. Una novità assoluta. In seguito, questo progetto accademico e umanistico è stato adottato da altri paesi e regioni del mondo. Anche Bruxelles, con il progetto Brulingua, offre un programma analogo a cui possono accedere tutti gli abitanti della regione. Oggi Nicolas-Louis Boël è a capo di Altissia, gruppo che aspira ad offrire l’accesso all’apprendimento delle lingue al maggior numero di persone possibile.
Nicolas-Louis Boël: «Il Belgio è un piccolo paese che ha bisogno di aprirsi al mercato internazionale per poter crescere e prosperare. Infatti, gran parte dei prodotti e servizi belgi vengono esportati. L’apprendimento di altre lingue è quindi fondamentale. Ma non si tratta di un fenomeno limitato a Bruxelles o al nostro paese. In un contesto di internazionalizzazione e digitalizzazione, il multilinguismo è diventato imprescindibile in ogni parte del mondo. Per poter rispondere alle richieste dei clienti, sempre più aziende incoraggiano i propri dipendenti a imparare una nuova lingua.»
Nicolas-Louis Boël: «Anche se sempre più persone parlano inglese, la conoscenza della lingua di Shakespeare non è sufficiente. Nelle relazioni commerciali, parlare la lingua dell’altro – e non soltanto una lingua comune – rappresenta un vero punto di forza. Durante i primi contatti, poter scambiare anche solo qualche parola nella lingua del proprio interlocutore fa una grandissima differenza. Più si conosce la lingua e la cultura del futuro partner commerciale e più le relazioni saranno facili. L’ONU e l’UNESCO, ad esempio, consigliano di parlare quattro lingue: la lingua madre, una lingua regionale, una lingua ufficiale e una lingua internazionale.»
N.-L. B.: «Sì, assolutamente. Con lo sviluppo della globalizzazione, le figure multilingue sono sempre più corteggiate dalle aziende che desiderano svolgere un’attività a livello internazionale o semplicemente per apportare diversità all’interno di un team. In Belgio, e in particolare a Bruxelles, c’è carenza anche di manodopera “semplicemente” bilingue. Molte aziende e molti enti che ricercano impiegati multilingue faticano a trovarli. Le posizioni disponibili restano aperte per molto tempo. D’altro canto, quando si chiede ai giovani cos’è che impedisce loro di trovare un lavoro a Bruxelles, il primo ostacolo che viene menzionato è spesso proprio la conoscenza delle lingue.»
N.-L. B.: «Non proprio. Spesso si sente dire che il cinese sarà la lingua del futuro, ma in realtà rimane piuttosto limitato. Gran parte della domanda continua a interessare l’inglese, che è usato come lingua veicolare in tutto il mondo.»
N.-L. B.: «Oggi molte aziende propongono dei corsi di lingua ai propri dipendenti e questo è un aspetto molto positivo. Le aziende non devono considerare i corsi di lingua come un costo, bensì come un investimento. Infatti, non solo il dipendente sarà in grado di parlare una lingua in più, ma tutto questo avrà un effetto positivo anche sul benessere al lavoro, sul riconoscimento, sulla mobilità interna, sulla capacità dell’azienda di attrarre e mantenere i profili migliori, sulla soddisfazione dei clienti, ecc. Il punto dolente, secondo me, è che nonostante l’abbondanza di corsi proposti, non sempre i risultati sono quelli attesi. Qual è l’obiettivo della formazione? Quali sono le necessità dell’azienda? Che il dipendente sappia comprendere ciò che legge, che possa parlare fluentemente oppure che sia in grado di scrivere in modo corretto? Al di là dei corsi generali, bisognerebbe definire altri obiettivi, come ad esempio saper redigere dei contratti in una determinata lingua, comunicare con i fornitori locali, formare i membri del team nelle loro rispettive lingue, ecc. I corsi svolti in ambito professionale devono rispondere agli interessi dell’azienda. La finalità delle aziende non è quella di trasformarsi in un ente di formazione né di rimediare alle eventuali carenze del sistema educativo.»
N.-L. B.: «Un’azienda che ha bisogno che i propri dipendenti imparino un’altra lingua deve riuscire a motivarli. Cosa tutt’altro che facile. L’azienda vuole che i propri dipendenti imparino la o le lingue legate al loro lavoro. Imparare una nuova lingua soltanto per il proprio lavoro, però, non sempre è un elemento di motivazione. In passato si studiava un’altra lingua per diventare bilingue. Oggi si studia una lingua in più per fare qualcosa, per interesse personale. La chiave, quindi, sta nel convincere i lavoratori che questo sarà utile anche nella loro vita privata. Affinché l’apprendimento di una lingua sia un successo, occorre trovare un punto d’incontro tra gli interessi dell’azienda e quelli del dipendente. La difficoltà sta nell’elaborare un progetto che interessi entrambe le parti.»
N.-L. B.: «Sì. Bisogna essere realisti: se tutto ciò funziona, è perché generalmente ci sono gli incentivi. Questi possono essere di tipo economico, come ad esempio delle indennità di bilinguismo, ma possono anche consistere in prospettive di carriera per una carica più alta, ad esempio aperta soltanto a persone bilingue o trilingue.»
N.-L. B.: «L’apprendimento delle lingue negli adulti è un tema complesso. Imparare qualcosa di nuovo, anche quando è ludico, resta pur sempre uno sforzo. Ed è più difficile imparare una lingua da adulti che da bambini. Inoltre, risulta molto più complesso quando l’apprendimento avviene a distanza. Nasce quindi l’esigenza di moltiplicare le possibilità di immersione nella lingua. In un contesto professionale, la soluzione migliore è quella di imparare la lingua praticandola “per quanto possibile”. Per poter progredire, è fondamentale saper osare. Imparare una lingua non significa soltanto acquisire nuovi vocaboli e conoscere la grammatica. Significa innanzitutto immergersi in una cultura diversa dalla propria.»
N.-L. B.: «Indubbiamente un’opportunità! Gli strumenti digitali e i contenuti mediatici consentono un’immersione sempre maggiore. Facilitano l’apprendimento di una lingua e la sua contestualizzazione. Le nuove tecnologie, inoltre, permettono l’accesso all’apprendimento delle lingue al maggior numero di persone possibile.»